IL PRURITO: UPDATES SULLA PATOGENESI E NUOVE PROSPETTIVE TERAPEUTICHE

IL PRURITO: UPDATES SULLA PATOGENESI E NUOVE PROSPETTIVE TERAPEUTICHE

Chiara Pensa, Alessandra Petruzzellis
UOSD Dermatologia, Policlinico Universitario Tor Vergata, Roma

Il prurito è definito come una sensazione sgradevole che induce il desiderio di grattarsi, portando anche a danno della cute. Rappresenta il sintomo più frequente in dermatologia e, quando ha una durata superiore alle 6 settimane, viene considerato cronico (PC).

In base alle cause scatenanti il prurito può essere legato a disturbi dermatologici, neuropatici, neurogeni, psicogeni e misti, mentre le patologie principalmente associate sono: dermatiti da contatto, eczemi, orticaria, neurodermatiti, prurigo nodularis (PN), dermatite atopica (DA), psoriasi, herpes zoster, uremia, colestasi, diabete, gravidanza e neoplasie.
Nella patogenesi sono implicati diversi mediatori, tra cui istamina, serotonina, proteasi, interleuchine, peptidi quali bradichinina e sostanza P, neurotrofina e oppioidi. Si distinguono due vie di segnalazione: una istaminergica, caratterizzata dal coinvolgimento di recettori H1R e fibre C responsive a mediatori del prurito, e una non istaminergica, mediata da una classe di fibre C meccano-sensibili e associata ad una classe di recettori chiamata “Mas-related G protein-coupled receptors (Mrgprs)”. La sostanza P (SP) è un neuropeptide coinvolto nella mediazione del segnale del prurito nel sistema nervoso centrale e periferico e lega i recettori NK1 e i Mrgprs. Nattkemper et al. hanno dimostrato che questi recettori sono iperespressi in numerose condizioni associate al prurito quali dermatite atopica e psoriasi, e che l’utilizzo di antagonisti del recettore NK1 quali Serlopitant interrompe il segnale del prurito e ne riduce la sintomatologia.

Attualmente nessun farmaco è approvato per la cura specifica del prurito cronico e molti trattamenti hanno scarsa efficacia o possono associarsi a rilevanti effetti collaterali. Secondo le linee guida europee per il trattamento del prurito cronico (European S2k guideline on chronic pruritus. Acta Derm Venereol. 2019) il primo step nella gestione del sintomo consiste nel ridurre lo stimolo al grattamento, mantenendo bassa la temperatura degli ambienti e applicando emollienti. L’approccio iniziale consiste nella prescrizione di terapie topiche, quali i corticosteroidi, gli inibitori della calcineurina e la capsaicina topica. Tuttavia va ricordato che i corticosteroidi topici si associano ad atrofia cutanea, tachifilassi ed effetto rebound, mentre gli inibitori topici della calcineurina possono essere mal tollerati a causa del bruciore.

Il crisaborolo, è un nuovo farmaco per uso topico, inibitore della fosfodiesterasi 4 (PDE4) che ha mostrato risultati promettenti in due studi di fase III in pazienti con DA lieve-moderata. Nonostante sia difficile allo stato attuale un confronto con i CS topici e gli inibitori topici della calcineurina, i risultati evidenziano che la riduzione del prurito sia almeno comparabile.
Per quanto riguarda la terapia sistemica l’approccio iniziale da linee guida europee del 2019 consiste nell’uso di antistaminici sistemici anti-H1. Si suggerisce l’impiego di fototerapia con UVA ed UVB per il prurito cronico refrattario, glucocorticoidi sistemici a breve termine soprattutto nel prurito paraneoplastico e nelle cure palliative, mentre nel prurito cronico neuropatico e di incerta origine si può considerare la somministrazione di gabapentin e di pregabalin.

L’efficacia della nalbufina, un antagonista del recettore oppioide m ed agonista del k è attualmente in studio per la prurigo nodulare negli Stati Uniti e in Europa (NCT02174419). Recentemente anche i farmaci biologici quali l’omalizumab, il nemolizumab, il dupilumab e l’ixekizumab sono entrati a far parte dell’armamentario terapeutico.

Dupilumab sembra avere effetto sia nella prurigo nodularis, come riportato in alcuni case report su JAAD e JAMA, sia nella DA, secondo uno studio RCT in fase 2b pubblicato su Lancet. Il Secukinumab ha significativamente migliorato il prurito cronico nella psoriasi in studi di fase 3 (13), mentre Ixekizumab ha mostrato miglioramenti statisticamente significativi nel prurito cronico nella psoriasi in studi di fase 3 e mantenimento della risposta ad un anno.

Inoltre per quanto concerne l’Apremilast è stato segnalato un potenziale futuro uso nella prurigo nodularis, per cui è in corso un trial sulla riduzione della VAS prurito dopo 12 settimane di trattamento. (NCT03576287)
Il Serlopitant (8), antagonista del recettore NK1, potrebbe costituire un’efficace strategia nella riduzione del prurito cronico, della PN e del prurito nella psoriasi. Mostra buona tollerabilità, con una prevalenza di eventi avversi di entità lieve e moderata, e non vi sono significative interazioni con altri farmaci. Se i risultati promettenti saranno confermati nella fase III, si prevede una rapida accettazione del Serlopitant rispetto alle attuali terapie meno efficaci (i.e. antistaminici) o meno tollerate (glucocorticoidi orali e ciclosporina, gabapentinoidi ed antidepressivi), con notevole miglioramento della qualità di vita del paziente con prurito cronico.

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